Angeli
Angeli,
angeli,
siamo angeli.
Lasciar l'Italia per andare a Lugano
e toccarsi sempre con la stessa mano.
Come estero è una truffa: questo lago fa paura,
ci sono troppe banche. Serve un samba, una strega,
una fattura.
Ed è di notte e non so dove sputare:
è così pulito che non si può sporcare.
Da un locale esce uno sbronzo che s'annoia.
Non è solo: guarda un poco, anche a Lugano
hanno una troia.
Lo spogliarello in quel locale di Lugano
lo fa una donna col suo barboncino nano.
Vanno in albergo per studiare nuove mosse:
la ragazza è libanese, il barboncino è di Torino
e ha un po' di tosse.
Angeli,
angeli,
siamo angeli.
Una guardia o un generale, non si capisce bene,
mi guarda male: butto via la cicca e quello sviene.
Sta per farmi la morale, ma mi faccio perdonare
perché raccolgo la cicca ancora accesa, la metto in tasca
e comincio a fischiare.
Fischio piano perché è quasi mattina.
Da una pizzeria esce uno di Messina:
ha i tacchi alti, ha il grembiule ancora in mano.
Sembra stanco e molto triste, e te lo credo:
fa la pizza qui a Lugano.
Da poco tempo è venuto a lavorare:
dice che è dura, ma si può anche abituare,
ed è contento a non far niente alla mattina
e con la moto va a vedere, va a vedere
dove abita la Mina.
Angeli,
angeli,
siamo angeli.
Un vecchio alto che assomiglia a Garibaldi
è sulla strada: la pulisce, è molto tardi.
Si ferma con la scopa sotto il mento,
poi alza gli occhi verso il cielo e con il dito
sente il vento.
Muore la notte quando il vecchio con la scopa
la butta in cielo e torna il sole sull'Europa
e tutti quanti lascian lì di lavorare:
è uno spettacolo vedere,
vedere gli angeli volare.
Angeli,
angeli,
quanti angeli.